Progetto Luoghi Dismessi

PROGETTO  LUOGHI DISMESSI

Dismettere: letterario, cessare di usare e specialmente di indossare // perché non più utile, invecchiato, passato di moda. (G.Devoto/G.C.Oli)

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I Luoghi Dismessi, sono luoghi dove in tempi più o meno lontani, in modo antropocentrico, con una definizione ampia e per certi versi superficiale, si sostanziava la “vita” e che “ora”, proprio a causa della loro dismissione da parte dell’uomo, appaiono all’uomo stesso, “vuoti”, “morti”.

1 – Le fabbriche e tutti quegli edifici (case, ospedali, sale cinematografiche, teatri ecc. ecc.) che nel tempo sono stati usati dagli esseri umani per poi essere, a causa di vari motivi, da loro “abbandonati”. Noi li vediamo come “rovine”, più o meno antiche, vuote e statiche, ma in quegli edifici avviene un processo di decadimento (movimento, cambiamento) a diverse velocità, che sottolinea una “vita” della materia, al di là che, noi esseri senzienti, la si pensi non pensante. Non solo, in loro vivono vari tipi di muffe, di licheni, di vegetazione e di animali che rendono questi luoghi più che mai vissuti: tutt’altro che dismessi. In realtà sono luoghi dismessi “solo”  in funzione dell’uso umano per cui inizialmente erano stati costruiti. Adesso continuano a subire un “cambiamento” e ospitano molte diverse vite, comprese, ironia della sorte, anche quelle di esseri umani estremamente poveri, a esempio i migranti, i tossici, i “senza tetto”. Umani quasi privi di identità, che lì il tetto lo trovano. Inoltre possono essere animati da writers e street artists, da ladruncoli di vario genere in cerca di materiali, soprattutto metalli, da vendere ricavandone denaro. Insomma sono luoghi paradossalmente non dismessi.

2 – Il corpo dopo la morte. Anche per lui (esso?) vale ciò che ho scritto per le fabbriche, se una persona o animale muore lontano dalla “civiltà” umana, in mezzo alla foresta amazzonica, a esempio. Si esclude ovviamente l’intervento dei writers e degli street artists (sui ladri il dubbio c’è!) ma non degli artisti che possono aver fatto uso di corpi morti, penso in modo particolare a Damien Hirst e i suoi animali sotto formaldeide o formalina. La carne animale divorata da altri animali, noi compresi, ha un breve momento di apparente dismissione per poi diventare “cibo” trasformandosi in un’altra carne vivente, inevitabilmente diretta verso la prossima dismissione. E poi i medici e gli scienziati che sul corpo morto possono studiare e sperimentare. La dismissione di un corpo, dunque, essendo io agnostico, appartiene solo all’Io, alla appercezione più o meno ampia di sé, che quel corpo possedeva. Per semplicità userò l’immagine di un teschio per raffigurare il corpo che lo conteneva.

3 – La psiche, per comodità espressiva anche lei esemplificata da un teschio (per altro il vuoto interno alle ossa ne amplifica il concetto visivo relativo alla dismissione …) o da un cervello, viene superficialmente considerata ”dismessa” a causa di forme di pazzia, dell’alzheimer, della demenza senile o per la morte cerebrele. Eppure, escludendo la morte, sappiamo bene quanto pensiero e vitalità possano esistere in cervelli colpiti da queste patologie. La psiche stessa dismette una parte di sé allontanando alcune idee, fedi religiose, fedi politiche o esoteriche su basi non sempre consapevoli, spesso umorali.

4 – Luoghi dismessi possono essere tutti i luoghi del passato, soprattutto quelli della mente, del ricordo. Non più frequentati da coloro che lì erano vissuti “scompaiono” dalla percezione iniziale conclusa nel termine del tempo e della memoria di chi la viveva, per entrare in una nuova percezione affidata a nuovi organismi, a nuovi esseri umani. Consideriamo anche che ogni elemento materiale, non dismesso da una specifica percezione, comunque si modifica, anche se solo impercettibilmente e nel tempo ”autonomamente” si dismette modificandosi in un continuum di parcellizzazioni temporali, diventando altro da sé. Comunque è un processo di interazione soggetto-oggetto-tempo frutto anche della nostra forse necessaria struttura di pensiero; occorre precisare che ogni attimo di realtà esteriore o interiore da noi percepito come “presente” è frutto di un processo di feedback che annulla il “presente” stesso rendendolo, con una nuova coniugazione verbale, “passato dismesso”.

Infine, ma non ultimo, l’archetipo dei Luoghi Dismessi: La “fabbrica di Dio” abbandonata a se stessa. Qui, forse, il Saggio e l’Innocente sono stati dolorosamente dimenticati, abbandonati, annullati nel necessario e totale collasso della dismissione. Anche un dio può stancarsi!

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Forse può sembrare banale e polveroso ragionare e operare artisticamente, sullo “scorrere” del tempo, ma reputo questo percorso di ricerca ancora molto importante per la consapevolezza del nostro esistere qui, ora, contemporaneamente alle essenze del “passato”. Forse attraverso queste elucubrazioni e “visioni” potremo diventare parte più profonda e “concreta” dell’illusione composta dalla materia variamente densa e dall’energia più o meno oscura fino a giungere alla “quintessenza”.

 

ALCUNE OPERE

2012 – “Luoghi dismessi #2 (Fabbrica)” – Cm. 100×100 – Stampa e tecnica mista su tela (Foto Silvano Tessarollo)

 

2012 – “Luoghi dismessi #3 (Fabbrica)” – Cm. 100×100 – Stampa e tecnica mista su tela (Foto Silvano Tessarollo)

 

 

2022 – “Luoghi Dismessi #6 (corpo)” – Cm. 100×100 – Fotografia stampata e acrilico (Foto Silvano Tessarollo)