Testo scritto da Om Bosser per “Appunti sulla Libertà – Leggere, tra le righe” – Esposizione: Libridabottega – Torino
LA RESILIENZA DI TESSARI
Appunti sulla Libertà, un lavoro in progressione che l’artista Gianni Maria Tessari ha esposto per la prima volta alla Caserma A. La Marmora di Via Asti a Torino, un luogo in cui la Libertà fu negata a molti prigionieri politici al tempo del fascismo. Dopo alcuni giorni dall’inaugurazione, la mostra è stata ospitata nella libreria Libridabottega, poiché le forze dell’ordine avevano sgomberato la caserma. Così la Libreria e i Libri in essa contenuti, sono diventati “personaggi creativi” funzionali alle opere, come l’anamorfismo della parola libertà, eseguito dal gruppo Truly Design all’interno della caserma La Marmora, lo era stato per la precedente esposizione.
Per questo progetto, l’artista ha richiesto ad amici, colleghi artisti e persone che con lui hanno collaborato artisticamente, una frase sulla Libertà che, egli, ha poi interpretato su fogli di carta cotone…
Questa è una mostra di “fantasmi”, citando Roland Barthes, il semiologo francese che definisce infatti fantasme “un ritorno di desideri, di immagini che vagano” ma che restano concomitanti alla coscienza della realtà, per poi concludere che in esso “qualcosa si intreccia, ed è un principio di scrittura senza carta o penna”.
Nel recente saggio intitolato “Resilienza. La scienza di adattarsi ai cambiamenti” (2014), Andrew Zolli ha illustrato come il termine stesso “resilienza” abbia varie accezioni in ambiti diversi. In psicologia denota l’abilità di un individuo a superare in modo efficace un trauma. In ingegneria indica la capacità di una struttura di resistere a un urto improvviso senza spezzarsi. Nella gestione delle emergenze, il termine si riferisce alla rapidità con cui i sistemi critici possono essere ripristinati dopo un terremoto o un’inondazione. Nel campo dell’ecologia, connota la capacità di un sistema di sfuggire a un livello irreversibile di degrado.
In linea generale, la resilienza presenta sempre due caratteri fondamentali: la capacità di individuare un problema e di superarlo a seguito di cambiamenti.
Al centro del concetto di resilienza c’è dunque una tensione tra presente e futuro che delinea una forma di resistenza, forte e vitale, seppure non necessariamente aggressiva, come è negli intenti di questa mostra.
Mi piace sottolineare che la resilienza non è, come molti hanno voluto far credere, una forma di accettazione passiva di fronte a realtà ineluttabili. In un’epoca come la nostra, caratterizzata dalla volatilità e da sconvolgimenti imprevedibili, dove il miraggio della sostenibilità ambientale si è infranto dopo il superamento di tre su nove dei limiti di tolleranza planetari individuati da Johan Rockstrom (che comprendono l’acidificazione degli oceani, la perdita di biodiversità, la trasformazione del territorio per opera dell’uomo e la disponibilità di acqua pulita), la resilienza è divenuta un talento chiave per la sopravvivenza del pianeta.
Per questo ciclo di lavori, in evoluzione continua, l’artista non si pone una fine del numero di fogli elaborati che lo compongono, et alor …. Alla visione dei prossimi.
Om Bosser, Torino 2015
Testo scritto da Vinny Scorsone per “Appunti sulla Libertà” – Esposizione: Galleria Studio 71 – Palermo
TRA LE PIEGHE DELLA PAROLA
Libertà è un grido di rivolta, è il vento che sferza, è un cratere che porta a galla i fiumi di lava della terra spaccata. Libertà è una scritta su un muro, un poesia d’amore e un canto struggente.
Libertà è la parola chiave per comprendere le ultime opere di Gianni Maria Tessari. Esse si piegano alle parole, le analizzano cercando di carpirne il segreto. L’artista gioca con le lettere e i significati riproponendo, per immagini, l’essenza stessa del lemma e del suo contesto. Opere singlottiche, si potrebbero definire le sue, retaggio di incontri ed esperienze passate. Rossana Apicella ed Ignazio Apolloni ritornano ancora una volta nel suo lavoro e lo fanno guidandone i pensieri.
Nei suoi disegni, parole ed immagini si intersecano e le parole volano libere su sfondi terrosi o colorati. Le lettere si sfaldano e le parole si smembrano, ma rimangono inalterate nella consecuzione temporale e nel senso. Racconti e poesie vivono in un unico anelito di libertà e il poeta-pittore viaggia tra frasi d’altri e proprie: frasi scritte e frasi cromatiche, spartiti musicali con un ritmo alternato.
Una mostra personale quindi fatta da una pluralità di sguardi su un’unica domanda: cos’è la libertà? realtà o mera finzione?
Tessari si interroga ed interroga amici, poeti, artisti. La sua mostra raccoglie spunti, tracce di vite differenti e si insinua tra le sfaccettature di una parola che oggi sta quasi subendo una trasformazione. Del resto i tempi mutano e con essi le espressioni, eppure l’artista cerca di non far incancrenire il linguaggio anzi lo riporta alla superficie della coscienza, lo fa riaffiorare dalle nebbie dell’oblio. Interrogati, i suoi interlocutori hanno offerto appigli, suggerito stati d’animo, spiegato il senso intellettuale ed intimistico di una parola che sta vedendo svanire il proprio scheletro. Tutti i popoli, nei secoli, hanno inseguito la libertà e in suo nome si son fatte le rivoluzioni. “Baroni rampanti” di calviniana memoria si sono “confinati” su degli alberi e noi stessi, figli di un ideale che sta perdendo la propria identità, ci siamo illusi di esserlo. E quindi cosa è la libertà? Nel secolo scorso, Giorgio Gaber, in una sua canzone, parlava di “partecipazione” e forse il senso che Gianni Maria Tessari voleva dare a questa mostra è proprio questo. Partecipare, condividere perché la libertà non si raggiunge mai da soli e non se ne gode mai in solitudine. Nel 1954 Rossellini, diresse Totò nell’acuto film “Dov’è la liberta…?” Il film cercava di capire cosa fosse, in realtà, la libertà arrivando, nel finale, ad un’amara conclusione. Anche gli esseri di Tessari se lo chiedono. Esseri scarni, proiezioni dell’artista sempre pronto a rimettersi in discussione e ad indagare con quella curiosità spaventata continuamente in bilico tra l’illusione e la verità conscio che nella vita di tutti i giorni, la libertà non esista per come noi la conosciamo, ma si sviluppi in tanti di quei modi da risultare criptica e ostica sia da teorizzare sia da vivere.
Con questa mostra, l’artista piemontese incastra l’ennesima tessera vitrea al mosaico della sua arte ponendosi come pittore-filosofo alla continua ricerca di risposte che solo parzialmente arriveranno sospinte da un vento rivelatore che tutto sa e tutto scopre.
Vinny Scorsone – Isola delle Femmine (PA) – Ottobre 2017
Testo scritto da Vittorio Andolfato per “Appunti sulla libertà – Il profugato” – Esposizione: Museo del Tabacco – Carpanè di S. Nazario (VI)
“Questa mostra è un “unicum”; prima di tutto per il tanto tempo necessario per pensarla e organizzarla e per trovare le persone disposte a cercare non una definizione di libertà quanto piuttosto a donare agli altri una indicazione, un’orma da poter seguire. Mai vista una mostra che, senza nulla togliere a Gianni, ha un numero così alto di “coautori”. Molto intrigante è il rapporto fra la frase e il momento pittorico. Lascio a Gianni dire come scattava il momento giusto per mettere in rapporto profondo il momento letterario con quello figurativo Lo spettatore si vede passare davanti in un apparente labirinto la libertà degli antichi, definita negativamente come lo stato civile del “non schiavo” e la libertà dei moderni indispensabile per l’individuo all’interno di uno stato di diritto. Libertà conquistata con fatica e lutti come nel caso della Resistenza in Italia e così facile perdere come ci dicono le molte dittature presenti nel mondo. Dittature che hanno in comune l’odio per la libertà di espressione e di dissenso.
Da una mostra “corale” come questa si esce rinnovati nel gusto estetico ma anche “politicamente” convinti che la collaborazione e la solidarietà sono le forze che ci aiuteranno a mantenere le libertà acquisite.
Un altro merito di questa esposizione è di avvicinarsi all’arte intesa come opera totale “wort ton drama” nella definizione di Nietsche. Ho già detto della compenetrazione fra parola Wort e il segno grafico ma nell’inaugurazione sono stati fondamentali il ton musica e l’intervento del Poeta . Il momento “sonoro” non è un riempitivo è un completamento dinamico della visione come sguardo che non muta rispetto al continuo variare delle diverse interpretazioni.
Che questa mostra sia “un’opera aperta” lo dice la possibilità di aggiungere nuovi manifesti e nuovi materiali visivi che convivendo con gli altri danno sempre nuovi significati e nuove interpretazioni che ci avvicinano al mistero della vita e della sua imprevedibilità.”
Vittorio Andolfato – Aprile 2018
Testo scritto da Edoardo Di Mauro per “Appunti sulla Libertà – Luoghi di aggregazione resistente” – Esposizione: Centro Sociale Bocciodromo. Vicenza.
L’arte pubblica, in specie quella “muralista”, che si confronta, cioè, con la dimensione metropolitana per costruire nuove narrazioni, ha conosciuto, in Europa ed in Italia, una significativa crescita negli ultimi anni. In un epoca in cui la globalizzazione finanziaria causa danni irreversibili agli Stati, ed amplifica gli effetti perversi dello “star system”, l’arte sembra vivere una condizione di schizofrenia, non inedita, ma enormemente amplificata.
Da un lato un mondo glamour e patinato caratterizzato da quotazioni ingiustificate, al netto della qualità degli artisti, numericamente minoritario, e dal moltiplicarsi di fiere in ogni angolo del globo, dove i nuovi ricchi asiatici e mediorientali danno sfoggio della loro onnipotenza economica e biennali incrementatesi esponenzialmente di numero, senza apportare alcuna novità concreta, ospitando la medesima compagnia di giro di artisti e curatori “internazionali”. Dall’altro la maggioranza degli operatori dell’arte che quotidianamente porta avanti, con impegno, fatica e passione, l’impegno artistico, critico e didattico, confrontandosi con un mercato ed un sistema “normali” e quotidiani.
Due mondi paralleli e scarsamente comunicanti.
Un linguaggio come quello della street art, ha saputo riattualizzarsi, dopo gli esordi esplosivi degli anni settanta-ottanta, dando risposta ad esigenze di rinnovamento dell’arte dalle aride secche dell’international style, e di un neo concettualismo citazionista delle esperienze storiche, patinato e sempre uguale e ripetitivo.
La dimensione pubblica è quella in cui attualmente l’arte riscopre la sua dimensione didattica ed etica.
Ho affrontato con piacere un confronto con l’opera di Gianni Maria Tessari fin dagli anni Novanta.
Così scrivevo di lui nel 2007 con considerazioni a tutt’oggi valide : “ Gianni Maria Tessari pittore lo è certamente, anche se, nel corso della ormai lunga carriera, la sua irrequieta creatività lo ha portato ad operare nell’ambito della sperimentazione musicale e, attualmente, della ricerca video. Scrivevo di lui nell’ormai lontano 1995 : “il linguaggio di Tessari è quello di un’astrazione vorticosa…vitale e tesa a conquistare nuove frontiere di un’arte che, per rinnovarsi, non può certo dimenticare il suo passato”. In quegli anni Tessari era impegnato in un’operazione di matrice tendenzialmente aniconica tesa verso un’immagine organicista. Il suo impianto formale si è poi gradualmente ricomposto in una figurazione resa con rigore spaziale vicino al geometrismo, un razionalismo dove la rigidità dell’angolo retto è curiosamente contraddetta e sapientemente integrata dall’immissione di aspetti iconici vicini ad una poetica dal sapore espressionista ; un espressionismo, per intenderci, aggiornato sulla lunghezza d’onda dell’estetica del nuovo millennio. Le immagini di Tessari sono ispirate alla più immanente quotidianità fatta di turbolenze e frenetica volontà di affermazione, periferie alienate, fredde architetture post industriali. Queste strutture urbane asettiche e totalizzanti si confrontano con l’opposizione di figure umane esili ed allungate, impegnate nel tracciare graffiti di un alfabeto antagonista, simbolo di una creatività restia all’arrendersi, della rivendicazione di una individualistica personalità nemica di un intruppamento nelle fila della comunicazione globalizzata. Lo stile di Tessari si mantiene sul filo di una contemporaneità evocata, una sorta di omaggio alla pittura “magica” e metafisica del Novecento, e per questo è davvero in grado di colpire l’attenzione e la sensibilità, di indurre alla riflessione.
Tessari è da sempre artista riflessivo e conscio del ruolo che l’arte deve ritagliarsi nel sociale, senza però limitarsi, come troppo spesso è avvenuto dagli anni Novanta in poi, ad uno stanco epigonismo di situazioni che caratterizzarono una fase irripetibile di impegno militante, come quella intercorsa tra gli anni Cinquanta e Settanta.
L’attuale fase della ricerca dell’artista veneto, residente a Torino, è del tutto sintonica a quella dimensione pubblica di cui parlo in apertura.
Tessari adopera la pittura come il più idoneo dei linguaggi concettuali, con uno stile diretto che coglie il senso di disagio esistente in questa infinita dimensione “liquida” che la nostra società sta attraversando.
Il tema della Libertà è stato trattato da Tessari sulla base di frasi, alla Libertà riferite, che lui stesso ha richiesto ad amici e persone che con lui hanno collaborato artisticamente, frasi poi inserite in singole opere. Per ogni mostra “Appunti sulla Libertà”, l’artista “aggiunge”, oltre alle sue opere, un “soggetto/oggetto” che ne intensifichi il significato. Il soggetto/oggetto di questa personale presso il Centro Sociale Bocciodromo di Vicenza, è il Centro Sociale stesso, in quanto “luogo di aggregazione resistente”, ed è ben tratteggiato dall’autore nella sua opera “Libertà #9”, che riporta, senza volermi con questo incensare, la frase che io stesso gli ho inviato: “La libertà è rivendicare il proprio spazio vitale sapendo comprendere le ragioni degli altri.”
Edoardo Di Mauro, settembre 2018
Testo scritto da Marco Maria Polloniato per “Appunti sulla Libertà – Ma le Stelle (ci) stanno a guardare”. Esposizione: Sala G. De Fabris e Osservatorio Astronomico G. Toaldo a Nove (VI).
GIANNI MARIA TESSARI – LIBERTA’ E VIE OSCURE: UNA LUCE NELLA NOTTE.
Può sembrare strano presentare l’opera di un artista senza descriverla, o meglio, descrivendo i principi che ne stanno alla base, più che il singolo lavoro realizzato. In realtà la centralità di un’opera complessa come la serie sulla Libertà, presentata nella civica sala “G. De Fabris” a Nove, è da ravvisare proprio nel processo realizzativo. L’interazione tra l’autore e una moltitudine di co-autori o, per meglio dire, soggetti propositori, è l’elemento dirimente per comprenderne la portata civile e sociale: il ruolo dell’artista si integra nel contesto comunitario. Sotto questo punto di vista l’idea basilare è quella che vede nell’unione di più punti di vista di un soggetto (la Libertà) la via più adatta a comprenderne le molte sfaccettature, accettando così implicitamente che il soggetto stesso possa essere letto e riportato con occhi diversi, con parole altre, con sensibilità e attenzioni originali. Nel momento in cui siamo consci di questo processo, iniziamo anche noi ad interrogarci sul significato del termine Libertà, su quanto e come siamo in grado di rendere pubblicamente fruibile un pensiero personale, ma che inesorabilmente investe persone e ambienti a noi vicini (e non solo). L’invito alla lettura è un invito al viaggio che passa di frase in frase, di disegno in disegno, divenendo un richiamo al nostro presente e alla suggestione del hic et nunc.
L’artista si pone idealmente accanto a noi, accompagnandoci nel percorso di visita, così come ha già fatto per le molte frasi illustrate sinora. Egli è infatti latore di un’idea semplice, ma efficace, costruita grazie a una miriade di rapporti personali, attività che in maniera indiretta prosegue anche con noi pubblico. Ci aiuta a passare da un disegno all’altro riportando alcuni elementi comuni a quasi tutte le opere; sono elementi e segni che danno una continuità altrimenti non sempre immediatamente percepibile. Questi segni sono glifi di una qualche lingua sconosciuta, ma dal carattere regolare, inquadrati in sequenze essenziali, tracciati lungo vie geometriche nette. Sono un linguaggio ancestrale che, pur non recando un reale messaggio, si interfacciano con la frase che fa da soggetto al disegno, elevandone la portata temporale. Quei segni “del tempo” simbolicamente ci riportano ad una condizione altra, esterna al soggetto, ma ne sanciscono anche la bontà comunicativa creando sequenze disgiunte che valicano il confine del singolo disegno.
Oltre ai grafemi, sono poi le figure umane, nude e in perenne movimento, a descrivere ed interpretare la realtà svelata a parole. Attori universali di un presente che rimanda a un mondo non del tutto chiaro, talvolta post-apocalittico, spesso corredato da situazioni perigliose in cui l’essere umano si salva grazie all’ironia. Ecco un altro degli elementi ricorrenti: l’ironia. Un’ironia sagace che in maniera inaspettata risolve delle frasi complesse e particolari, legate a mondi personali e amplia lungo orizzonti ignoti. I toni oscuri con cui spesso sono rappresentati pensieri difficili da far emergere stanno a indicare la difficoltà che si incontra nel quotidiano: situazioni non sempre limpide eppure necessarie all’esperienza umana.
Tra gli altri caratteri peculiari ricorrenti nella lunga serie di disegni, realizzati con tecniche grafiche differenti, v’è ad esempio la (quasi) costante presenza di una lanterna, simbolo dell’uomo in ricerca come il filosofo Diogene. Quella stessa luce che squarcia la notte è ravvisabile anche nella serie delle costellazioni, le vie oscure che dall’infinito e incommensurabile permettono all’uomo di orientarsi e trovare la via verso casa. Anche le costellazioni non sono altro che un anelito trascendentale, un volgere lo sguardo oltre per ritrovarvi, con fantasia, elementi del nostro vissuto. Questi elementi celesti apparentemente immutabili, sono totalmente al di là delle possibilità di comprensione del singolo; anche in questo caso è solo l’azione coordinata e congiunta (di scienziati e ricercatori) che ci permette di leggerne l’evoluzione. Anche in questo caso la componente dettata dal luogo, ossia la terrazza dell’osservatorio astronomico “G. Toaldo” sempre a Nove, presagisce e indirizza lo sguardo che, inevitabilmente, dalle opere andrà verso le vere costellazioni ivi rappresentate.
Infine non va dimenticato che, a corredo delle mostre in cui i lavori di Tessari sono proposti al pubblico, l’autore ha spesso scelto, motu proprio o in accordo con i curatori, collaborazioni con altre forme d’arte che si adattano agli allestimenti di volta in volta creati pel contesto. È questo il caso della partecipazione di due amici musicisti, Adalberto Bresolin, Gastone Guerra e Bobo Righi, e del poeta Mirko Cremasco, anch’essi “elementi” aggreganti, catalizzatori e snodi per letture differenti dell’opera nel suo insieme e nei suoi vari elementi. Ricorrendo alle parole di una nota canzone: “Una catastrofe psicocosmica mi sbatte contro le mura del tempo. Vigilo, nel sonno vigilo. Sentinella, che vedi? “ * ecco l’invito a farsi attenti recettori del nostro vissuto si interseca con quello di chi ci sta accanto. A ciascuno l’onere di farsi portatore della libertà dell’altro.
* “Shakelton” di F. Battiato e M. Sgalambro, da “Gommalacca” 1998
Marco Maria Polloniato, marzo 2019
Testo scritto da Edoardo Di Mauro per “Appunti sulla Libertà – Fuori e Dentro” – Esposizione: Galleria del Museo di Arte Urbana e Petit Point Poétique – Torino
La dimensione pubblica è quella in cui attualmente l’arte riscopre la sua dimensione didattica ed etica. Parole che ben si abbinano alla dimensione di ricerca di Gianni Maria Tessari, autore con cui mi sono varie volte confrontato fin dagli anni Novanta.
Così scrivevo di lui nel 2007 con considerazioni a tutt’oggi valide: “Gianni Tessari pittore lo è certamente, anche se, nel corso della ormai lunga carriera, la sua irrequieta creatività lo ha portato ad operare nell’ambito della sperimentazione musicale e, attualmente, della ricerca video. Scrivevo di lui nell’ormai lontano 1995: “il linguaggio di Tessari è quello di un’astrazione vorticosa,vitale e tesa a conquistare nuove frontiere di un’arte che, per rinnovarsi, non può certo dimenticare il suo passato”. In quegli anni Tessari era impegnato in un’operazione di matrice tendenzialmente aniconica tesa verso un’immagine organicista. Il suo impianto formale si è poi gradualmente ricomposto in una figurazione resa con rigore spaziale vicino al geometrismo, un razionalismo dove la rigidità dell’angolo retto è curiosamente contraddetta e sapientemente integrata dall’immissione di aspetti iconici vicini ad una poetica dal sapore espressionista ; un espressionismo, per intenderci, aggiornato sulla lunghezza d’onda dell’estetica del nuovo millennio. Le immagini di Tessari sono ispirate alla più immanente quotidianità fatta di turbolenze e frenetica volontà di affermazione, periferie alienate, fredde architetture post industriali. Queste strutture urbane asettiche e totalizzanti si confrontano con l’opposizione di figure umane esili ed allungate, impegnate nel tracciare graffiti di un alfabeto antagonista, simbolo di una creatività restia all’arrendersi, della rivendicazione di una individualistica personalità nemica di un intruppamento nelle fila della comunicazione globalizzata. Lo stile di Tessari si mantiene sul filo di una contemporaneità evocata, una sorta di omaggio alla pittura “magica” e metafisica del Novecento, e per questo è davvero in grado di colpire l’attenzione e la sensibilità, di indurre alla riflessione.
Tessari è da sempre artista riflessivo e conscio del ruolo che l’arte deve ritagliarsi nel sociale, senza però limitarsi, come troppo spesso è avvenuto dagli anni Novanta in poi, ad una stanca e patinata citazione di situazioni che caratterizzarono una fase irripetibile di impegno militante, come quella intercorsa tra gli anni Cinquanta e Settanta.
L’attuale fase della ricerca dell’artista veneto-torinese è del tutto sintonica a quella dimensione pubblica di cui parlo in apertura.
Tessari adopera la pittura come il più idoneo dei linguaggi concettuali, con uno stile diretto che coglie il senso di disagio esistente in questa infinita dimensione “liquida” che la nostra società sta attraversando.
Il tema della Libertà, oggetto di questa personale dal titolo “Appunti sulla Libertà-Fuori e Dentro” presso la Galleria del Museo d’Arte Urbana, integrata da una vetrina curata da Fausta Bonaveri presso il Petit Point Poétique, sito in corso Vittorio Emanuele 59, vicino Porta Nuova, è ben tratteggiato da una frase giunta all’autore, e da lui tradotta in opera : “La libertà è rivendicare il proprio spazio vitale sapendo comprendere le ragioni degli altri.”
Il “Fuori e Dentro” evocato da Tessari si riferisce alla prassi del Museo d’Arte Urbana di portare il linguaggio del contemporaneo fuori dagli spazi consueti, per porlo in relazione con l’ambiente urbano in una logica didattica di confronto e di condivisione con i cittadini, abbinata alla necessità di condurre una pratica della libertà che, per porsi con concretezza in un ambiente incerto e sofferente come quello attuale, deve scaturire da una attitudine di comportamento individuale coerente, che coniughi la consapevolezza interiore con le azioni della quotidianità.
Edoardo Di Mauro, agosto 2019